Un commento, un amico, un Professore: come un mio testo è finito sulla pagina di Roberto Burioni

di Renzo Samaritani Schneider

🔬 Un commento, un amico, un Professore: come un mio testo è finito sulla pagina di Roberto Burioni

Ci sono giornate che sembrano fatte di routine, scrollando tra post, notizie e le solite polemiche da social. E poi ci sono piccoli miracoli digitali, istanti in cui le parole — quelle giuste, scritte con il cuore e con la testa — trovano la strada giusta. E arrivano lontano. Molto lontano.

Tutto è iniziato in modo semplice: il Professor Roberto Burioni ha pubblicato un post sulla sua pagina ufficiale, raccontando dell’ennesimo paradosso in cui si è ritrovato coinvolto. Dopo aver definito “idioti novax” alcuni soggetti noti per diffondere disinformazione, è stato subissato da esposti e lamentele da parte di persone offese non dalla falsità, ma dal tono. E l’Ordine dei Medici di Pesaro-Urbino, per obbligo formale, ha aperto un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Surreale? No, purtroppo reale.

Un mio amico, sotto quel post, ha lasciato un commento accorato, spontaneo, bellissimo nella sua sincerità: esprimeva solidarietà, ma anche stupore e amarezza per questo ribaltamento della realtà. Mi ha colpito. Così, ispirato da quelle poche righe, ho sentito il bisogno di rispondere. A lui. E anche al Professore. Di getto, ho scritto un breve testo che cercasse di restituire dignità alla scienza, e al tempo stesso all’umano bisogno di senso e verità.

Il testo è questo 👇🏼
(che ora potete leggere qui integralmente, così come lo ha pubblicato Burioni stesso sulla sua pagina ufficiale, senza cambiare una virgola):

Caro Professor Burioni,
caro amico che hai commentato con così sincera preoccupazione,

in un’epoca in cui le parole sembrano avere perso il loro peso specifico e dove la scienza viene talvolta barattata con il sensazionalismo, trovo paradossale — e a tratti surreale — che un medico che ha dedicato la propria vita alla tutela della salute pubblica debba difendersi da chi si sente offeso per un giudizio, magari ruvido, ma basato su fatti, non su pregiudizi.

La parola “idioti” può urtare, certo, ma se chi rifiuta i vaccini in nome di teorie smentite e pericolose si sente colpito, dovrebbe forse interrogarsi più sulla sostanza del proprio agire che sulla forma dell’insulto. Perché, come ha scritto qualcuno, *la scienza non è democratica, ma è accessibile a tutti — purché si abbiano l’umiltà e il rigore per ascoltarla*.

Al mio amico dico: no, purtroppo non è uno scherzo. È la realtà kafkiana in cui viviamo: chi protegge la collettività viene trascinato davanti a un ordine professionale, mentre chi diffonde disinformazione si traveste da martire della libertà di pensiero. Ma la libertà di pensiero non include il diritto a mentire su questioni di vita o di morte.

Eppure, resistere è necessario. Perché ogni dose di vaccino è un atto d’amore verso gli altri, ogni medico che lotta contro la disinformazione è un baluardo della ragione. E ogni cittadino — come te, amico mio — che si schiera senza tentennamenti dalla parte della scienza, è una piccola luce nella nebbia dell’irrazionalità dilagante.

Grazie, Professore, per non arretrare. E grazie a te, amico, per ricordarci che il buon senso è ancora vivo e cammina per strada, anche senza un camice.

L’ho condiviso pubblicamente come commento, quasi come gesto simbolico. Non pensavo che lo avrebbe notato. E invece sì. Qualche ora dopo, Roberto Burioni lo ha pubblicato per intero sulla sua pagina ufficiale, segnalando ai suoi lettori che le parole, se dette con misura e chiarezza, sanno ancora toccare le corde giuste.

Per me è un onore, certo. Ma è soprattutto un segnale. In un’epoca di urla e fake news, di opinionisti improvvisati e medici processati per aver detto la verità, è ancora possibile far circolare il pensiero. È ancora possibile, come cittadini qualunque, contribuire al discorso pubblico. È ancora possibile — e doveroso — non tacere.

E allora grazie, Professore, per aver ascoltato.
Grazie, amico mio, per aver acceso la scintilla.
E grazie a chi continua a credere che la scienza, con tutte le sue imperfezioni, resti uno dei pochi fari accesi in questo tempo così confuso.

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